Nella quinta puntata di "Musicoterapeuti sul Campo", Elga Rizzon ci racconta dei suoi interventi nel settore della musicoterapia e autismo e degli stati semi-vegetativi.
La musicoterapeuta
Elga Rizzon si è diplomata in musicoterapia presso il Cesfor nel 2012 con una tesi intitolata “Musicoterapia e progetti educativi. Un approccio innovativo della Musicoterapia Umanistico Trasformativa nelle residenze per anziani.” La tesi nasce dal progetto di tirocinio svolto presso l’Apsp San Lorenzo e Santa Maria della Misericordia di Borgo Valsugana (TN). In questa struttura assistenziale, prima di conseguire il diploma in musicoterapia, ha svolto dal 2006 al 2012, l’attività di animatrice per il progetto di Servizio Civile Nazionale. Durante questi anni lavorativi ha avuto modo di avvicinarsi al mondo dell’assistenza agli anziani e della disabilità, cercando di andare oltre il concetto classico di animazione come intrattenimento e sviluppando un approccio educativo globale, volto allo sviluppo della Persona e dell’individuale progetto di vita.
Si è laureata nel 2006 in Scienze dei Beni Culturali (indirizzo musicale) presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, con una tesi intitolata “Sentire il terrore. La colonna sonora nel cinema horror moderno”, che indaga il ruolo comunicativo della musica e l’effetto emotivo preponderante della stessa rispetto all’elemento visivo nel coinvolgere lo spettatore.
Dal 2012 è iscritta all'elenco dell'Associazione Italiana dei Professionisti della Musicoterapia Musicoterapia Umanistico Trasformativa: Punto di Svolta e, a partire dallo stesso anno, svolge attività continuativa in libera professione come musicoterapeuta.
Opera principalmente con bambini della fascia 3-10 anni, con diagnosi riferite allo spettro autistico, paralisi cerebrale infantile, malattie genetiche rare, ritardo cognitivo e motorio e porta avanti alcuni progetti presso strutture residenziali per anziani. Gli strumenti con cui Elga lavora principalmente sono la chitarra classica, il pianoforte, la voce e lo strumentario Orff.
Il “fare” del musicoterapeuta
“Il mio fare consisterà nell’essere” (Etty Hillesum)
Alla mia prima esperienza come musicoterapeuta ero fresca di diploma, con tante aspettative e tante idee, pronta ad affrontare questa nuova avventura con slancio ed entusiasmo. Ho incontrato Alessandra, ragazza in stato semi vegetativo dovuto a paralisi cerebrale infantile: non parlava e non si muoveva. Non era semplice comunicare con lei. Tutte le teorie che avevo in testa, le pratiche imparate e sperimentate mi sembravano così lontane da quella realtà, che sono stata assalita da un iniziale sconforto. Non sapevo cosa fare. E poi ho semplicemente iniziato ad essere: essere in ascolto, in presenza, attenta alle piccole sfumature e agli impercettibili segnali che Alessandra mi mandava. È iniziato un bellissimo percorso terapeutico, complesso ma ricco di soddisfazioni, di tante grandiose piccole scoperte, conclusosi alcuni anni dopo il nostro primo incontro, quando Alessandra ha deciso di andare Oltre.
Alessandra è stata la mia più grande maestra, con lei hanno acquisito senso le teorie studiate e ho potuto sperimentare il potere incredibile che ha la musica: dove non hanno senso ragionamenti, parole, dove ci sono ostacoli comunicativi importanti la musica arriva, oltre ogni barriera. Attraverso un suono è possibile entrare in contatto profondo con l’altro, è sufficiente anche una sola nota se suonata con ascolto e condivisione.
Spesso siamo presi dall’ansia del “fare”, del dover dimostrare di “saper fare” che dimentichiamo di “essere”: presenza autentica e accogliente.
La musica apre le porte
Nel mio lavoro di musicoterapeuta lavoro principalmente con bambini con diagnosi di autismo. Sotto la parola “autismo” rientrano così tante situazioni diverse tra loro che ogni volta è una scoperta. Quando incontro un bambino mi metto in una posizione di ascolto, pronta a farmi sorprendere da quello che mi porterà e a cogliere i segnali comunicativi che mi lancerà, secondo i suoi codici e le sue regole.
Il primo obiettivo che mi pongo quando incontro un bambino è quello di entrare in relazione con lui, ovvero di mettermi in una posizione di ascolto empatico, di presenza significativa, tenendo aperti tutti i recettori per percepire e leggere i segnali che il bambino manda. Possono essere sguardi fugaci, piccoli movimenti, stereotipie ricorrenti: questi segnali, se colti, diventano delle piccole porte per accedere al mondo interiore dell’Altro. La musica apre le porte: si insinua anche nelle più piccole fessure e crea dei ponti comunicativi. Talvolta un ritmo al tamburello, il suono di un campanello, una semplice melodia possono aprire una comunicazione che segue le sue specifiche regole, adatte a quella determinata situazione. Ogni bambino porta un suo codice, spesso difficile da decifrare. Se usiamo la razionalità e le regole solitamente condivise per la comunicazione troveremo davanti a noi dei muri e degli ostacoli apparentemente insormontabili. Ma se invece ci mettiamo in ascolto e a giocare con le nuove regole che il bambino ci porta troveremo nuovi linguaggi, veicolati dall’elemento musicale. La tastiera del pianoforte diventa uno spazio di relazione e di incontro, un parco giochi dove inventare nuove melodie per esplorare ed esprimere mondi nascosti. È in quei momenti di assenza di giudizio e di autenticità che accadono cose meravigliose: i bambini hanno la netta percezione di essere capiti e di poter esprimere il loro mondo e condividerne un pezzettino con questa persona che si trovano davanti, che parla secondo i suoi codici e le sue regole, che non sempre in altri contesti vengono capiti. Come dice Carl Rogers “quando una persona capisce di essere sentita profondamente, i suoi occhi si riempiono di lacrime. Io credo che, in un senso molto reale, pianga di gioia. É come se stesse dicendo: «Grazie a Dio qualcuno mi ascolta. Qualcuno sa cosa vuol dire essere me.»”
Questo deve essere l’obiettivo primario del musicoterapeuta: far sentire compreso e visto il bambino, la persona, che ha davanti.
Nel corso di questi anni ho incontrato molti bambini, così diversi tra loro che nessuno schema o strategia poteva essere ripetuta. Ogni bimbo porta nel setting il suo mondo e il musicoterapeuta, in punta di piedi, è invitato ad entrarvi. Mi sono ritrovata spesso a comportarmi in maniera “strana”: rotolarmi per terra, comunicare con suoni apparentemente senza senso, usare parole nuove, inventare melodie bizzarre, accordi dissonanti, suonare la chitarra nelle posizioni più assurde, sdraiata, a testa in giù, correndo per la stanza, cantare per ore le stesse canzoni… Questo mio agire non è nient’altro che un modo per comunicare e vivere il mondo che mi si apre davanti ogni volta che entro nel setting. Niente è prestabilito o predeterminato: tutto nasce dall’incontro di due Persone che in quel momento stanno assieme in relazione profonda.
Tutto questo non lo si impara sui libri…non solamente per lo meno. Ci vuole pratica, ma soprattutto predisposizione all’ascolto e voglia dimettersi in gioco. “Fare il musicoterapeuta” non può essere solo un lavoro…è molto di più! Significa essere attenti osservatori della realtà che ci circonda e agire nella maniera più adeguata in quel contesto e in quel momento, anche se significa cantare a squarciagola parole inventate e apparentemente senza senso!
La formazione in musicoterapia
Dalla disabilità intellettiva grave ai ragazzi in affido o in casa famiglia, dal settore psichiatrico al dialogo con le altre forme d'arte, come il disegno e la grafica: leggendo questo articolo risalta in modo quanto mai chiaro che, per diventare musicoterapeuta e svolgere questa attività in modo efficace e professionale sono necessarie competenze specifiche, applicazione allo studio ed una particolare predisposizione alla relazione di aiuto. Se vuoi saperne di più su come si diventa musicoterapeuti, quali siano i requisiti per intraprendere questa professione, le sue prospettive professionali o semplicemente ti interessa approfondire le tematiche legate alla relazione di aiuto mediante i linguaggi creativi, contattaci a info@cesfor.bz.it
L'undicesima edizione del corso triennale di formazione in musicoterapia Cesfor, riconosciuto dalla Ripartizione cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano, è in partenza a fine 2022.
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